LO SPETTACOLO
Sinossi
Una donna, durante la sua prima gravidanza, decide di andare in un bosco di mangrovie, popolato da pericolose tigri, accompagnata una guida. Alla sera, si addormentano in una radura e cominciano a sognare.
Formato
Il progetto si propone come un laboratorio- performance, con una chiamata aperta ad artisti e partecipanti locali. La struttura è pensata come uno scheletro flessibile in termini di dimensione e durata: l’opera viene modificata e arricchita con i giochi e i testi elaborati nel luogo in cui avviene.
La drammaturgia è composta da testi e frammenti originali di Simone Weil, Marina Garcés, Eduardo Kohn, Emanuele Coccia, Rainer Maria Rilke, Mark Strand e altri autori.
Se è vero che qualsiasi cosa o essere vivente che entra nel mondo lo cambia per sempre, l’opera richiama l’attenzione e rende esplicito che ogni transito o gesto che interviene nel dispositivo scenico, anche accidentalmente, ne modifica la performance, che diventa così collettiva e continuo.
Un’ecologia poetica: continuo in te, sono un essere transitorio; Noi, comunità di esseri viventi, rimaniamo.
IL LABORATORIO
Il laboratorio prevede training, raccolta di materiali, pratiche di scrittura e di composizione scenica, condivisione di tesi e riflessioni in talk pubblici con docenti, studenti e professionisti invitati. Indaghiamo la composizione scenica come pratica comunitaria, l’orizzontalità, la prossemica e il consenso, il lasciarsi guardare e l’agire.
LA VIDEOINSTALLAZIONE
Il dispositivo videoinstallativo è composto diversi piani in costante dialogo e che sono estensione e amplificazione l’uno dell’altro: un Ficus Macrophylla Columnaris, un corredo mai aperto, il paesaggio sonoro, l’umano.
ORIGINI DEL PROGETTO
Mi è stato dato in eredità un corredo di lenzuola e camicie da notte. Le donne della mia famiglia l’hanno ricamato nella calma e nel fresco incontaminato delle loro estati sotto fichi e limoni. Chilometri di bianco, tenuti nei cassetti e destinati ad essere trasmessi alle loro figlie e alle figlie delle loro figlie. Un bianco che, al di fuori dell’intimità dei loro letti, non è mai stato visto da nessuno. Nella loro previsione, una verità tenera, privata, una procreazione che segue automaticamente ed eternamente.
La discendenza, il tramandare, l’intimo, il segreto: può esserci una continuità che fugga dall’automatismo e continui tuttavia in un movimento di perpetua generazione? Come ci si dona al mondo? In quali immagini cercare?
Nell’infinito lessico della natura, la prima immagine che mi offre una risposta è quella di un ficus magnolia.
Ciò che rende eccezionale questo albero non sono solo le dimensioni gigantesche che può raggiungere, ma anche il fatto che dalle sue ramificazioni nascono casualmente radici aeree che, toccando terra e radicandosi, si trasformano in pseudo-tronchi portanti. Se potessimo guardare sia sopra che sotto terra simultaneamente, assisteremmo alla moltiplicazione di una foresta di colonne e all’intreccio di una fitta rete di radici. Una cattedrale di molteplici esistenze, uno stesso corpo plurale che avanza.
Forse insistendo sull’atto di cedere, troveremo un terreno fertile? Forse arrendendoci, disfacendoci, dissolvendoci nella molteplicità, prendendoci cura gli uni degli altri, potremmo accedere alla coscienza di essere un corpo unico che respira, in espansione infinita, come radici aeree di un immenso, unico albero.
Se è vero che l’umanità distrugge gli ecosistemi e gli ecosistemi si impongono con la loro terribile evidenza sulla civiltà umana, è anche vero che esistono atti, volontari e involontari che curano, nutrono, uniscono le specie in un sistema di mutuo soccorso, in cui ogni corpo continua nell’altro, nella ricerca di un’appartenenza reciproca e casuale. Questi atti sono l’oggetto della nostra ricerca.
CEDERE, IMMEDIATAMENTE pone l’arte e le pratiche sceniche in particolare come luogo in cui si costruiscono le comunità e si immaginano mondi possibili.
Un punto di partenza per nuove prospettive su ecologia e pacifismo.
THE PERFORMANCE
Synopsis
A woman, during her first pregnancy, decides to go to a mangrove forest, populated by dangerous tigers, accompanied by a guide. In the evening, they fall asleep in a clearing and begin to dream.
Format
To Cede, immediately is a collaborative show that can involve a variable number of local participants (10-30+) adaptable to the staging spaces.
The project is proposed as a workshop-performance, with an open call to local artists and participants. The compositional structure is designed as a flexible skeleton in terms of dimension and duration: the work is modified and enriched with the stage games played and texts written in residence with the collaboration of the students and artists of the place where it is performed.
The dramaturgy is composed of original texts and fragments by Simone Weil, Marina Garcés, Eduardo Kohn, Emanuele Coccia, Rainer Maria Rilke, Mark Strand and other authors.
If it is true that any thing or living being that enters the world changes it forever, the work draws attention and makes explicit that each transit or gesture that intervenes in the scenic device, even accidentally, modifies the performance, which thus becomes collective and continuous.
A poetic ecology: I continue in you, I am a transitory being; we, as a community of living beings, remain.
THE LAB
The laboratory includes training, collection of materials, writing and stage composition practices, sharing of theses and reflections in public talks with invited teachers, students and professionals. We investigate stage composition as a community practice, horizontality, proxemics and consensus, letting oneself be looked at and acting.
THE VIDEO INSTALLATION
The video installation device is composed of different levels in constant dialogue and which are extension and amplification of each other: a Ficus Macrophylla Columnaris, a never opened kit, the soundscape, the human.
ORIGINS OF THE PROJECT
I was bequeathed a trousseau: a set of sheets and nightgowns. The women of my family embroidered it in the calm and pristine coolness of their summers under figs and lemons. Miles of white, kept in drawers and destined to be passed on to their daughters and their daughters’ daughters. Miles of white that outside the intimacy of their beds, has never been seen by anyone but them. In their foresight, a tender, private truth, a procreation that follows automatically and eternally.
The lineage, the handing down, the intimate, the secret: can there be a continuity that escapes automatism and yet continues in a movement of perpetual generation? How do we give ourselves to the world? Which images to look for?
In the infinite lexicon of nature, the first image that offers me an answer is that of a ficus magnolia.
What makes this tree exceptional are not only the gigantic dimensions it can reach, but also the fact that aerial roots randomly spring from its ramifications which, touching the ground and freeing themselves, transform into load- bearing pseudo-trunks. If we could look both above and below the ground, we would simultaneously witness the multiplication of a forest of columns and the interweaving of a dense network of roots. A cathedral of multiple existences, the same plural body that advances.
Perhaps by investigating the act of giving way, we will find fertile ground. Perhaps by surrendering, cede, undoing, dissolving in multiplicity, we could access the awareness of being a single body that breathes, in infinite expansion, like aerial roots of an immense, single tree.
If it is true that humanity destroys ecosystems and ecosystems impose themselves with their terrible evidence on human civilization, it is also true that there are acts, voluntary and involuntary, that heal, nourish and unite species in a system of mutual aid, in which each body continues into the other, in the search for mutual and casual belonging. These acts are the object of our research.
TO CEDE, IMMEDIATELY investigate art and scenic practices in particular as a place where communities are built and possible worlds are imagined. A starting point for new perspectives on ecology and pacifism.
LA OBRA
Sinopsis
Una mujer, en su primer embarazo, decise de entrar en un bosque de manglares, poblado por peligrosos tigres, acompañada por un guía. Por la noche se duermen en un claro y empiezan a soñar.
Formato
El proyecto se propone como un taller montaje, con una convocatoria abierta a artistas y participantes locales. La estructura compositiva está pensada como un esqueleto flexible en cuanto a dimensión y duración: la obra se modifica y se enriquece con los juegos experimentados y textos escritos en residencia con las mujeres, alumnas y artistas en el lugar en el que acontece.
La dramaturgia está compuesta por textos originales y fragmentos de Simone Weil, Marina Garcés, Eduardo Kohn, Emanuele Coccia, Rainer Maria Rilke, Mark Strand y otras autoras y autores.
Si es verdad que cualquier cosa o ser vivo que entra en el mundo lo cambia para siempre, en la obra se llama la atención y se hace explícito que cada tránsito o gesto que interviene en el dispositivo escénico, incluso accidentalmente, modifica la performance, que se vuelve así colectiva y continua.
Yo continúo en ti, soy un ser transitorio; nosotras, comunidad de seres vivos, permanecemos.
EL LABORATORIO
El laboratorio prevé training, recolección de materiales, escritura y composición escénica, intercambio y reflexiones en charlas públicas con docentes, estudiantes y profesionales invitados. Investigamos la composición escénica como práctica comunitaria, la horizontalidad, la inclusión, la proxémica y el consentimiento, el mirar, el dejarse mirar y el actuar.
LA VIDEOINSTALACIÓN
El dispositivo de videoinstalación se compone de diferentes niveles en constante diálogo y que son extensión y amplificación entre sí: un Ficus Macrophylla Columnaris, un ajuar nunca abierto, el paisaje sonoro, lo humano.
ORÍGENES DEL PROYECTO
Me ha sido entregado en herencia un ajuar de sábanas y y camisas de noche. Las mujeres de mi familia lo han bordado en la calma y en el frescor impoluto de sus veranos bajo higueras y limoneros. Kilómetros de blanco, guardados en los cajones y destinados transmitirse a las hijas ya las hijas de las hijas. Kilómetros de blanco que, fuera de la intimidad de sus camas, nunca ha sido visto por nadie. En su previsión, una verdad tierna, privada, una procreación que sigue automática y eternamente.
El ajuar, la transmisión, lo íntimo, lo secreto, el tiempo: ¿Puede haber una continuidad que huya del automatismo y aún así, siga en un movimiento de perpetua generación? ¿Cómo entregarnos al mundo? ¿En qué imágenes buscar?
En el infinito léxico de la naturaleza la primera imagen que me ofrece una respuesta es la de un ficus de hoja de magnolia.
Lo excepcional de ese árbol no solo es el gigantesco tamaño que puede alcanzar, sino que desde sus ramificaciones brotan aleatoriamente raíces aéreas que, tocando el suelo y liberándose, se transforman en pseudo-troncos de soporte. Si pudiéramos mirar a la vez arriba y abajo del suelo, asistiríamos simultáneamente al multiplicarse de un bosque de columnas y al entrelazarse de una espesa red de raíces. Una catedral de existencias múltiples, un mismo cuerpo plural que avanza. Quizás investigando el acto de ceder, encontremos un terreno fértil. Quizás entregándonos, deshaciéndonos, disolviéndonos en la multiplicidad, podamos acceder a la conciencia de ser un único cuerpo que respira, en expansión infinita, como raíces aéreas de un inmenso, único árbol.
Si es cierto que la humanidad destruye los ecosistemas y los ecosistemas se imponen con su terrible evidencia sobre la civilización humana, también es verdad que hay actos, voluntarios e involuntarios, que sanan, nutren y unen a las especies en un sistema de apoyo mutuo, en el que cada cuerpo continúa en el otro, en búsqueda de una pertenencia recíproca y casual. Estos actos son el objeto de nuestra investigación.
CEDER, INMEDIATAMENTE sitúa el arte, y en particular las artes escénicas, como el lugar donde se construyen comunidades y se imaginan mundos posibles. Un punto de partida para nuevas perspectivas sobre la ecología y el pacifismo.